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Commenti sulle Gare
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Lorenzo PisaniIntro

Come direbbe Aldo Rock: "uomo, non sei qui per il buffet, è il buffet che è qui per l'uomo". Chiarite le motivazioni del buffet, rimangono da capire le mie: perché sono andato fino a Klagenfurt, se non per il buffet?

Per trovare i miei limiti e provare a sfondarli a colpi di faccia? Questo avrei potuto farlo benissimo vicino a casa. Forse per avere il marchio, il certificato ufficiale da "Ironman" o per sentirmelo gridare al traguardo? Forse, ma non mi sembro il tipo. Forse per avere qualcosa da raccontare, agli altri o a me stesso. "Uomo, non hai vissuto se non hai qualcosa da raccontare "direbbe qualcuno: forse per vivere, allora. Ma non pensiamoci troppo. La domanda importante è un'altra: mi sono divertito? Un po' per vanità, un po' per restare più tempo possibile nello stato di esaltazione post gara, ho indossato la maglietta di "finisher" fino a ieri, quando già l'alone di gloria cominciava a puzzare d'ascella.

Lorenzo PisaniCome direbbe Aldo Rock: "non è vera gloria se non puzza di sudore" e allora questa è gloria verissima, anche piuttosto penetrante. Indosso ancora con orgoglio anche quei dolorini che se ne stanno rintanati, per giorni, al centro delle masse muscolari. Sono un ricordo della parte più sofferta della gara ma non la voglio dimenticare: "il gusto acido della sofferenza col tempo si trasforma in quello dolce della gloria" (oggi le sto sparando davvero grosse!). La risposta comunque è sì, mi sono divertito e proverò a raccontarvi quest'esperienza e a trasmetterne le sensazioni. Roba grossa. Restate collegati.

La vigilia

Riassunto delle puntate precedenti:

  • Non mi piace soffrire. Per me l'ironman era una di quelle cose da fare in anestesia totale: in sogno.
  • 14 ottobre 2012: triathlon medio di Arbus. Mi sono divertito molto e mi sono convinto che fosse possibile finire un ironman senza soffrire.
  • 27 marzo 2013: Andrea è riuscito a pescare due "late entries" per Klagenfurt, me lo ha proposto e, in un momento di follia, mi sono iscritto. Mancavano tre mesi, dovevo pensare ad un piano d'allenamento. Niente tabelle però (del resto tabelle di tre mesi non esistono neanche). L'idea era semplice: preparare il passatore, poi, nel mese che restava fare un po' di lunghi in bici. Mi sono iscritto anche in piscina, nuoto libero, lungo e tranquillo.
  • 25 maggio 2013: Ho corso il passatore senza riuscire a finirlo.
  • 29 giugno 2013: la vigilia.


Sacco bianco, sacco rosso, sacco blu, casco, occhiali, pettorale, numeri gara, scarpe, altre scarpe, l'olio alla catena, l'aria alle gomme, l'acqua alle borracce, il breefing, un sacco di cose da non dimenticare, indispensabili. L'esperienza mi ha un po' aiutato ad organizzarmi le zone cambio della vita; quando ero ragazzo, un semplice cambio di treno poteva essere un disastro. Ricordo, fra le tante, quella volta che tornando da una vacanza in trentino dovevo cambiare il treno a Milano e prendere quello per Torino. Era una zona cambio semplice: avevo solo una borsa e un maglione da portare da un treno all'altro. Appena salito sul treno per Torino, però, mi sono accorto di aver dimenticato il maglione sull'altro treno. Sono sceso per recuperarlo, ma ho fatto in tempo solo a vedere il treno ripartire verso Venezia con il mio maglione sopra. Sono tornato sconsolato verso il mio treno, e l'ho visto partire verso Torino con sopra la mia borsa!

Lorenzo PisaniImmaginatemi ora alle prese con la gestione di una cosa complicata come la zona cambio di un ironman: entra di qua, esci di là, prendi questo, posa quello, muta, integratori, vaselina, camere di ricambio, pompa ... ero molto più agitato per l'organizzazione dei cambi che per la gara. In realtà, grazie anche all'assistenza dei volontari e degli amici, è filato tutto liscio. L'unico, piccolo problema è che gli organizzatori hanno dato per scontato che i triatleti sapessero contare fino a dieci. Le rastrelliere per le bici e i ganci per i sacchetti, infatti, erano numerati 10 alla volta; per esempio il mio gruppo era indicato "dal 2361 al 2370" e stava a me, usando le dita delle due mani, contare fino a 7 per trovare il 2367. Ovviamente nel posto 2367 c'era già un'altra bici. Ho provato allora a fare il conto alla rovescia partendo dal 2370 (l'ho imparato all'università, si parte con la mano aperta e si chiudono le dita, una alla volta) e, nessun dubbio, era proprio quello. Allora parcheggia, togli, sposta, rimetti, sistema. Con i ganci non è andata meglio. Sistemato tutto, mi sono guardato intorno. La mia gloriosa bici Mass era la più bella di tutte: classica, con ruote sottili, tanti raggi, telaio a sezione cilindrica, rossa, gloriosamente schizzata di macchiette nere di grasso. Tutto intorno dei mostri deformi, telai schiacciati, ruote piene o semipiene, protesi abnormi, sellini biforcuti ... poveracci, probabilmente non potevano permettersi una bici normale ... Qualcuno, passando, guardava la mia bici con un sorriso (invidia? Ammirazione?) "ci rivedremo per strada", ho pensato.

Prima di andare a letto, sono andato in bagno e alzandomi dalla tazza ho notato l'acqua tutta rossa intorno alle feci. Era succo di barbabietola, ma lo scoprirò solo dopo la gara. Sono rimasto 5 minuti fisso in piedi là davanti a guardare e pensare... alla gara, alla vita. Poi ho scaricato: il magico sciacquone ha inghiottito feci, pensieri e preoccupazioni e sono andato a dormire.

Il nuoto

Bump Bump Bump, il basso dà un ritmo da tachicardia che forse ricorda il battito del cuore materno negli istanti prima del parto, poi le urla dello speaker e finalmente il suono della sirena: non c'è dubbio... sarà un lungo travaglio ma sto per rinascere "uomo di ferro"! Ho visto la testa del gruppo partire a razzo seguita dall'enorme pancia del gruppo e, con calma mi sono accomodato nel sedere del gruppo. Dietro di noi, solo pochi atleti a formare la coda del gruppo. Noi che nuotiamo nel sedere del gruppo siamo consapevoli delle nostre scarse qualità natatorie. Siamo come quegli spermatozoi che non hanno nessuna speranza di raggiungere l'uovo per primi; il nostro unico obiettivo è arrivare, possibilmente vivi, entro il tempo limite. Allora, anche se c'è ressa, ci si scontra ma gentilmente, ops, mi scusi, c'era prima lei ... non abbiamo nessuna ambizione di sorpasso. Mentre nella testa del gruppo si sente di nuotatori che si aggrappano alle gambe di quelli avanti per superarli, da noi no, ogni tanto ci si colpisce anche con una bracciata o una gambata, ma sono bracciate e gambate gentili, da 2-3km/h, non fanno male.

Alle boe il gruppo si stringe, ed è inevitabile rallentare, ma, nuotando tutti a ranocchia, la testa fuori dall'acqua, con rispetto e con ordine, in poco tempo si gira e si può ricominciare la prossima sponda. Dopo esserci inoltrati nel lago, si deve tornare indietro per potere affrontare l'ultimo chilometro di nuoto nel canale. L'ingresso al canale non si vede! Nessuno lo vede. Il gruppo si allarga moltissimo, mi guardo intorno e vedo sia a destra che a sinistra gente che nuota molto lontano. Non sapendo chi seguire, decido di andare in direzione del sole, almeno vado dritto, penso, poi, quando capirò qualcosa, correggerò la rotta. Vedo finalmente due bandiere e, pensando che delimitino il canale mi dirigo verso di loro ma ... era uno stabilimento balneare, beh quasi quasi, una birretta sulla sdraio ... ma no, ecco la boa! Pensavo fosse impossibile nuotare così stretti nel canale ma, dopo i primi momenti di caos, incredibilmente riusciamo a sincronizzare i movimenti: siamo come sardine e muoviamo la coda tutti insieme! Nel canale gli incitamenti del pubblico si sentono vicini anche se attutiti dall'acqua hanno un suono strano. La fanghiglia sollevata dai 2000 nuotatori passati prima di me rende l'acqua marrone e completamente opaca; in acqua non si vede niente. Si sta in fila. Le pinne girano, ma senza spingere davvero. Sembra di stare fermi ma le sponde corrono via veloci ... figo, vanno da sole! Sembra di sognare.

Lorenzo PisaniMa ecco la svolta, è già finita, proprio adesso che mi ero trasformato in pesce... I volontari tirano su i molti che, come pesci, vanno ad arenarsi con la pancia sul prato, all'uscita dall'acqua. Io no, non ne ho bisogno; il primo stadio fetale è terminato molto bene, mi sono già cresciute le gambe e riesco ad alzarmi da solo. Sono molto tranquillo e per niente stanco. Chiedo l'ora e mi dicono che sono le 8.20: ho 10 minuti di anticipo sull'ora e mezza che avevo preventivato! Forse c'è tempo per quella birretta ... ma no, non mi fermo, voglio continuare questa roba qua, è divertentissima e lo sarà sempre di più.

La bici

Dopo il nuoto entro di corsa in zona cambio. Vai Lorenzo, hai studiato, ce la puoi fare! Prendi la borsa blu, entra nel tendone, togli la muta, metti il casco, le scarpe da bici, il dorsale, gel e barrette in tasca, muta nel sacco, consegna il sacco, prendi la bici e parti. 9 minuti in tutto. Scordato nulla? Sì! Cosa? Provate ad indovinare. Si parte, e mi accomodo subito in posizione aerodinamica. Visto il sole e il clima mite ho optato per non mettere l'antivento e va bene così, mi sto già scaldando. Sto bene e gli altri ciclisti vanno quasi tutti più piano di me. Allora, ripasso le regole: 10 metri di distanza, poi 1 metro e mezzo di lato e sorpasso. Quanto saranno 10 metri? Boh, spero che i giudici non siano troppo fiscali. Ogni tanto si sente il rumore inquietante di un motorino che arriva da dietro. Sono loro! Chissà se va tutto bene, se sono a dieci metri, se potevo superare quel ciclista che stava già superando... oddio mi guardano... sorrido... vanno avanti ... sollievo.

Comunque mi metto in corsia di sorpasso e ci rimarrò per quasi tutta la gara. A differenza delle altre frazioni, nella bici sono ipertecnologico, equipaggiato con garmin, cardiofrequenzimetro e sensore di cadenza. A proposito, ecco il link ai dati garmin: http://connect.garmin.com/activity/337675048. Riesco ad arrivare presto alla frequenza cardiaca prevista, intorno ai 130b/min, andando, in pianura, a circa 35km/h. Benissimo! Se riesco a tenere questo ritmo finirò ben prima delle sei ore previste. Ma ... cos'è questo soffio negli occhi? Merda! Ho scordato gli occhiali! Mi bruciano un po' e le lacrime scendono al naso andando ad alimentare una sorgente di muco ... adesso prendo un fazzoletto... Cavoli!

Ho scordato anche i fazzoletti! Ho già raccontato sul mio blog le mie difficoltà con la soffiata a spruzzo (allergie) e allora inghiotto; molti concorrenti ricorderanno a lungo il rumore ritmico delle mie "tirate su" di naso, con cui li intimidivo durante i sorpassi. Non posso tenermi tutto dentro, penso, adesso provo a fare una bella smoccolata: chiudo col dito una narice, inspiro profondamente e ... libera! Un grande spruzzo esce dalla narice ma, come temevo, una parte del muco se ne resta lì attaccato per un filo, tipo spiderman; vorrei i guantini per liberarmene ma ho dimenticato anche quelli. Il saggio che è in me si è espresso così: "Se non puoi eliminare le cose brutte, indossale con disinvoltura"... augh... non mi resta che spalmare.

Nelle salite forzo un po', portando il cuore sui 140, e supero moltissimi concorrenti nonostante le loro bici strabiluloniche. Nelle discese dritte invece mi fanno impressione: senza pedalare vanno a velocità folli ed io, per stare al loro ritmo, mi devo impegnare non poco a spingere sui pedali. Ora capisco il perché di quei telai schiacciati, di quelle ruote a profilo alto. Quasi sicuramente con una bici così avrei guadagnato qualche minuto ma speso molti euro; quanti euro per ogni minuto in meno? Forse 200 o 300? Non so esattamente ma sicuramente troppi. Tanto non devo vincere niente e vanno comunque quasi tutti più piano di me, e sono tutti brutti, gne gne gne. Per fortuna non sono invidioso.

Al passaggio nei paesi e, soprattutto, lungo le salite più ripide, gli incitamenti del pubblico sono esaltanti, sembra di essere al tour de France. Per un po' pedalo vicino ad un ciclista italiano che si sente in dovere di ringraziare tutti i tifosi; carinissimo, penso, però si è preso un bell'impegno! Grazie, prego, non c'è di che, grazie, prego, grazie a te. Danke, bitte, thank you, very very much. Il primo giro fila via a una media di 33km/h, meglio del previsto e calcolo anche che ci sono 3-4 km in meno rispetto ai 180 previsti. Sono in largo anticipo e decido di ridurre leggermente la spinta per evitare il rischio di crisi. Per sicurezza, prendo qualcosa da bere o da mangiare a tutti i ristori. Sono fornitissimi: cola, sali, barrette, banane e acqua, utilissima anche per sciacquarsi dal muco. Dalle mie tasche non è uscito quasi niente.
Che bello! Bello l'asfalto austriaco liscio e senza buche. L'ho guardato moltissimo. Belle le schiene dei ciclisti, e i dorsali con numero, nome di battesimo e nazionalità; che soddisfazione superare i tedeschi o i francesi. Quanti italiani! Ehi, questo lo conosco di fama è Carlo Alberto Melis atleta e giornalista sardo. Scambio due parole e scopro che anche lui conosce me! Che bello anche raggiungere l'amico Andrea Mentasti che mi ha trascinato in quest'avventura, e sapere che sta bene. Poi, ogni tanto, alzo lo sguardo e, meraviglia, vedo paesaggi incantevoli, con prati verdi, graziosi villaggi, boschi, montagne quanto verde e che belli i piumini dei pioppi, sembrano neve ... oddio, senza occhiali è come nuotare in un banco di meduse, prima o poi ti beccano. Altre lacrime, altre soffiate, altre spalmate.

Finalmente la fine, di questo post lunghissimo, e della frazione di bici. Sono un po' stanco ma sto ancora bene. Sono passate 5h25 e ho superato poco meno di 1000 concorrenti: in media uno ogni 20 secondi.

Felice e contento, ricoperto da un bello strato di muco entro nella zona cambio. Più della metà dei portabici sono ancora vuoti, vuol dire che sono entrato nella prima metà del gruppo, nella metà di quelli forti, nel gotha dell'ironman... e manca ancora il mio pezzo forte, la corsa.

La corsa

Esaltazione e sofferenza, l'anima dell'ironman. Fino a qui è stata una lunghissima passeggiata, ora comincia la frazione decisiva. Dati alla mano, togliendo i primi e gli ultimi 200, i tempi della bici sono compresi in un intervallo di 1h41 mentre quelli della corsa in 2h11. Anche se è più breve, perciò è qui che si fa la differenza maggiore. Dopo un po' di tentennamenti, avevo deciso di affrontare la frazione di corsa in completa libertà, senza satellite, senza cronometro, senza cardio, completamente "off-line", "nature", a sensazione, o "bio correndo", come forse direbbe l'amico Fausto. Incoscienza? Non proprio. L'esperienza del medio di Arbus era andata benissimo, e il mio sogno era rivivere quelle sensazioni e ripetere quei risultati. Prima di partire chiedo l'ora. Non sono ancora le 2. Mi basterebbe chiudere la maratona in 4 ore per realizzare il mio sogno di scendere sotto le 11h. Sarà un gioco da ragazzi. Indosso la visierina per il sole, le vecchie skylon arancioni, ormai bucate ma che non riesco a sostituire degnamente, e parto. Le gambe girano bene, molto bene, (troppo bene, a posteriori) e mi diverto a slalomare fra gli altri corridori che vanno tutti decisamente più lenti. Supero Valerio, l'amico milanese che immaginavo di incontrare al traguardo e penso "già qui?" Lui mi dice "già qui?" e io lo invito a seguirmi. Ma non può seguirmi, nessuno può seguirmi perché io sto volando. Il pubblico numerosissimo apprezza la mia freschezza e probabilmente anche il mio nome esotico "Lorenzo" e mi riserva un'accoglienza particolarmente calorosa. Il percorso, dopo essere uscito dal bel parco, si inoltra sul lungo lago, con anche un breve tratto campestre sull'erba della spiaggia; è tutto bellissimo, molto divertente.

Solo i chilometri passano un po' troppo lentamente. Il capo indiano accampato nel mio cervello ha detto "se hai sposato la maratona, i muscoli sono tua suocera". Lì per lì ho faticato a capire. Poi sentendo le gambe che cominciavano a dolere, ho intuito il significato della frase. Intorno al settimo chilometro si gira, e, ripercorrendo, a bastone, la pista dell'andata, si ritorna al parco per poi continuare verso il centro di Klagenfurt. Comincio a sentire la stanchezza e rallento un po' ma restando sempre molto più veloce degli altri runners. La temperatura è intorno ai 25 gradi. Fa caldo e apprezzo molto le doccette fresche offerte dall'organizzazione e da qualche spettatore.

Ogni 2.5 km c'è un ristoro e, dopo i primi fatti al volo, comincio a servirmi con più calma, camminando. Dopo un lungo tratto di strada un po' anonimo lungo il canale si arriva al centro di Klagenfurt. I passaggi nelle piazze sono molto piacevoli, con gli applausi del pubblico che, per qualche istante, fanno scordare la stanchezza. Poi si torna indietro al parco per cominciare il secondo giro. Finalmente sono a metà e posso iniziare il conto alla rovescia. Come dice Aldo Rock, "uomo, la strada che ti manca è quella che ti riporta a casa!" Lo terrò in mente, anche se sono sicuro che sarà una strada piena di sofferenza. Continuo a superare ma non mi diverto più. Le cose che mi esaltavano al primo giro - sorpassi, incitamenti, bellezze - ora mi aiutano solo a resistere. Anche stomaco e intestino cominciano a ribellarsi, stufi di cola, sali e barrette; ad ogni passo sento lo sciacquio dei liquidi nella pancia che vanno su e giù. Sento di andare piano, sempre più piano; anche i ristori diventano sempre più lunghi. Nessuno mi supera ancora però, anzi ora ci sono anche i doppiaggi e i sorpassi aumentano. Ogni tanto faccio dei conti strani: -12 se da qui comincio a camminare in 2 ore arrivo ... non è tanto consolante, devo continuare a correre.

Le bellezze del percorso ormai mi nauseano, mi piacciono solo quei cartelli con i numeri che converto subito in numeri negativi -10, -9. La stanchezza aumenta, ma l'idea del ritiro non mi sfiora nemmeno. Ho comprato in anticipo la foto dell'arrivo, anche per avere uno stimolo in più a non mollare. Quando rientro in città mi guardo intorno per cercare un orologio, ma non ne vedo. Mi piacerebbe avere un riferimento cronometrico ma non ho voglia di chiedere. Guardo il mio riflesso in una vetrina e vedo che non corro così male, poi però torna subito la sensazione di pesantezza. Di nuovo in piazza, mi sembra di trascinarmi, ma sto ancora correndo e, incredibilmente, nessuno mi supera. Dovrei farcela in 4 ore, penso. Mancano poco più di 3 km e arrivo all'ultimo sottopassaggio. Discesa, rigida e goffa e risalita. Non mi fido a correre in salita e decido di camminare veloce. Non l'avessi mai fatto: allungando il passo mi è venuto un crampo alla coscia. Mi fermo, ma non ho la minima idea di come si faccia a scioglierlo. Il solito indiano mi sussurra "se hai un coccodrillo attaccato alla coscia, rilassati, prima o poi si stacca da solo". Allora riparto, prima camminando e poi correndo e finalmente si scioglie. Grazie indiano.

Finalmente ritorno al parco, l'arrivo è vicino ma non riesco a godere, ho già goduto troppo prima, ora sono solo stanco. Km 41, km 42, ormai ci siamo dovrei svoltare ... ma la strada continua sul solito circuito per interminabili minuti. Mi viene forte il dubbio di aver mancato la svolta e di avere iniziato il terzo giro! Istanti di panico. No, ecco gli ultimi 100m, che sollievo. Non posso sprintare, non ce la faccio proprio, e continuo a trascinarmi al solito ritmo.

Finalmente vedo l'arrivo; il grande orologio segna 10h12. Lo guardo incredulo. Non riesco a realizzare. Ho corso la maratona in 3h13, mi sembra impossibile. All'arrivo sono contento, la sofferenza è finita e ho segnato un tempo per me insperabile, ma alzo le braccia al cielo più per la foto che per vera gioia. A chi mi domanda come è andata, rispondo che in un solo giorno ho fatto due ironman, il primo e l'ultimo. La consapevolezza di avere compiuto un'impresa mi è cresciuta dentro con una lentezza incredibile, e solo dopo un paio di giorni è riuscita a superare il ricordo della sofferenza patita nelle ultime due ore di gara. Dopo il traguardo, mentre le barelle continuano ad andare avanti e indietro trasportando ironman collassati, al banco ristoro scorgo la famosa birretta che sognavo da ore, e che potrebbe farmi cambiare idea sulla decisione di appendere le protesi al chiodo, ma, forse lo sapete già ... è orribilmente analcolica!

Outro

Dopo gara – Due eroi a spasso Aspetto Andrea nell'area ristoro, fra birre fasulle e barelle che vanno avanti cariche e tornano indietro vuote. Ne approfitto per carezzarmi i muscoli delle gambe; me li voglio tenere buoni con qualche coccola, sono incazzati neri e ho paura che mi vogliano crampare duro.
Eccolo Andrea, bravissimo! 11h14, anche per lui un'ora meno del previsto. Un vero uomo di ferro, lui sì che ne ha di cose da raccontare. Indossiamo la maglietta di finisher e, gonfi di gloria come palloni, andiamo a fare gli eroi. Io fatico a camminare a TRE KM/H. Andrea va spavaldamente a 4 e mi stacca nella frazione finale, quella decisiva per raggiungere il ristorante e la BIRRA!

Sono passate le 10 e l'unico posto di Klagenfurt in cui si possa mangiare qualcosa è il ristorante in piazza e l'unica cosa che resta da mangiare è una fettina impanata o wienerschnitzel. Perfetto, pietanza ideale e posto ideale. Siamo infatti sul percorso della maratona e possiamo vedere ed applaudire gli atleti ancora in gara. Sono uomini e donne anche anziani o corpulenti, uno zoppicante, un altro che corre letteralmente piegato, davvero, come se sotto avesse ancora la bici! Loro sì che sono veri eroi! Applausi.

Bilancio e rilancio Piano piano, i dolori sono passati, i ricordi dei dolori stanno scemando e i ricordi dei ricordi dei dolori sono ormai al culmine, ma destinati anche loro a scendere e ... basta così ... i ricordi di terza generazione e successivi non hanno voce in capitolo ... e posso cominciare a pensare al futuro. Farne un altro? Sì! Scendere sotto le 10 ore? Fattibile ma non particolarmente stimolante. Provare a vincere la slot per i mondiali? Finalmente una bella velleità: fra due anni mi introfulerò in quella categoria con tutti i vecchietti cinquantenni, mi comprerò due super ruote a profilattico alto?? si dice così? Imparerò a cambiarmi come una modella (o per lo meno un po' meno lento di ora) e mi porterò orologi, antenne e limitatori di velocità per evitare di cominciare la maratona a velocità insostenibile. Il nuoto? beh, per quello non ho molte speranze ... ma sì, tanto le sto sparando... e scoprirò il trucco che usano i nuotatori per andare veloci (mano a paletta? scodinzolare come pesci? fagioli a colazione per fare bolle nella muta?). Sceglierò, poi, un percorso ancora più duro (Nizza?) perché io sono duro mentre quei vecchietti sono un po' mollicci (a parte gli scherzi, sto scoprendo di avere delle doti di resistenza quasi eccezionali).

Il futuro è radioso per noi velleitari perseveranti.

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