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Molti lettori dei miei scritti mi hanno rivolto questa domanda: “Quale è la grande differenza tra il Supergigik Team e gli altri in circolazione a Nuoro?”. La risposta non è così scontata come si potrebbe immaginare da una analisi approssimativa.

Perché non parliamo di valori in campo! Quelli non hanno rilievo alcuno! I primi però hanno il gusto dello sperimentare, non hanno timore di mettersi alla prova in allenamenti un po’ differenti dal solito. Hanno il piacere della novità anche se questa può e anzi richiede qualche sacrificio in surplus. Questa settimana ad esempio di fronte all’ipotesi di due allenamenti molto impegnativi hanno risposto con una carica positiva eccezionale. Indubbiamente può accadere che le prove da affrontare possano inizialmente spaventare, ma secondo me con un atteggiamento mentale ad hoc tutto si può portare a termine col risultato di una crescita prestativa del singolo e questo indipendentemente dalle proprie capacità. Nessuno di noi diventerà Mo Farah, anche per palesi ragioni anagrafiche oltre che per mancanza di talento, però come nella classica pubblicità dell’Asics hai la possibilità di migliorare te stesso, di inseguirti prima, raggiungerti dopo per poi superarti. Il che a parer mio è il più bel risultato che l’allenamento sa offrire. Allenarsi significa anche mettere del sano agonismo, aver voglia di fare bene mostrando al contempo umiltà nel conseguimento della migliore performance. Oltre non si deve andare. Valicare il confine dell’agonismo significa esasperare la competitività e vivere di conseguenza male lo sport. Ovviamente il discorso è riferito all’amatore. Queste brevi righe le ho scritte come omaggio ad alcuni amici che seguo e che non smettono di stupirmi di fronte alle prove che gli sottopongo….e che soprattutto non hanno timore di mettere la sveglia alle 4.30/5.00 per recarsi a Fonni a correre lungo le strade che conducono al Bruncuspina….a differenza di altri più inclini a cercare la rassicurante protezione delle vie della città sotto casa.

La settimana dei mondiali d’atletica, dei quali mi piacerebbe scrivere qualcosa nei prossimi giorni avendoli seguiti interamente e vissuti amaramente da italiano, ha coinciso con la mia migliore settimana d’allenamento da quando ho iniziato questo percorso verso Francoforte. Il programma dovrebbe condurmi a correre circa 85 km non essendo previsto un lungo. Dopo i 26 km della domenica precedente ho recuperato con due sedute rigeneranti di fondo lento di un ora circa con la convinzione che il mercoledì avrei potuto svolgere bene il lavoro specifico avendo smaltito completamente le tossine. L’allenamento previsto era di quelli tosti, di quelli che fanno paura solo a pensarli figuriamoci a provarli, di quelli che mi piace però inserire di tanto in tanto per migliorare l’autostima e per consolidare la convinzione nei propri mezzi a disposizione per correre una bella maratona. La maratona oltre ad una adeguata preparazione fisica ha necessità di lavori che rafforzino la motivazione e allora bisogna lavorare molto anche sulla testa che nella 42 km è il vero anello debole della catena. La testa va allenata con prove che una volta terminate galvanizzino lo stato d’animo, infondano sicurezza e consapevolezza, autoconvincano di essere sulla strada giusta. Per fare questo devi però andare quasi al limite delle tue possibilità. E non è cosa semplice. Anzi. Comunque ai miei, coi quali mi alleno ma che oramai vedo solo all’inizio del lavoro in quanto fanno in fretta a prendere il largo, ho chiesto di correre cinque serie da 800 metri a 3’30 a km, 10 serie da 600 metri a 3’20 a km e 4 serie da 400 metri a 3’15 con recuperi molto brevi di un minuto e mezzo tra gli 800 e un minuto nelle prove più brevi. Io dal mio canto ho eseguito lo stesso lavoro ma pur mantenendo gli stessi recuperi ho preferito, per non esplodere a metà allenamento, tenermi su ritmi più consoni allo stato di forma, 3’45, 3’40 e 3’35/3’30. Ovviamente non ci stavo più sulla pelle. Finalmente una prova in pista degna di questo nome. Il giorno dopo lento rigenerante con gambe a frullata e il venerdì solito progressivo di 15 km in scioltezza. Sabato uscitina di 35’ più allunghi in attesa del piatto forte della settimana….la Fonni – Bruncuspina!!!!

Il sito internet più frequentato dal podista è quello che in tempo reale e con un elevato grado di attendibilità fornisce informazioni sulle condizioni meteo. Il podista deve sapere se ci sarà vento e in che direzione spirerà oltre alla misura della sua intensità, deve sapere quanti mm di pioggia potrebbero scendere e se potrebbe trasformarsi in neve, deve conoscere le temperature e l’umidità! Tutta questa mole di informazioni viene sagacemente rielaborata, analizzata ed è necessaria per orientare la scelta dell’arco della giornata in cui è più favorevole uscire con le scarpette. Venerdì pomeriggio prima di recarmi al campo stazionavo dal pc dello studio su Fonni e sul Bruncuspina. Ancora non avevo deciso se la domenica era meglio ripercorrere la Marreri – Monte Ortobene di 15km700 metri oppure avventurarmi su un percorso impegnativo quanto affascinante come quello del massiccio del Gennargentu di 14km500 metri. A spostare l’ago della bilancia verso quest’ultima è stato in parte il desiderio di correre in un luogo diciamo pure nuovo, anche se l’avevo già fatto qualche anno prima, pur nella scomodità del dover affrontare un viaggio in macchina di almeno un ora e in secondo luogo le temperature davvero favorevoli. Massimo 20 gradi nelle ore calde. Il mio team ha accolto la proposta con entusiasmo e vinta qualche piccola remora si è calato bene nel ruolo di tracciatore di nuove vie da percorrere in pantaloncini e canotta. Ovviamente il ruolo di Ammiraglio mi apparteneva e mai l’avrei ceduto per alcuna cosa al mondo. Il ritrovo è alle 6.00 del mattino in Pineta. Siamo solo in sei, il sottoscritto, Riccardo, Salvatore, Vladimir, Giuseppe e Gianni in rigoroso oordine crescente d’età. Mi sono messo primo perché pur avendo 47 anni ne dimostro 20 e quando scrivo a volte anche meno. Il primo problema è di ordine logistico occorrono necessariamente due macchine in quanto inizialmente si giunge fino alla vetta a circa 1500/1600 metri di altitudine, là si devono lasciare i borsoni con i cambi e poi si ritorna indietro di 15 km all’ingresso di Fonni. Questo passaggio vizioso è però utile per osservare bene il cammino che ci aspetta con le sue difficoltà. La condotta sarà influenzata dalla capacità personale di ognuno di noi di aver assimilato bene le difficoltà del percorso. Il secondo problema è il timore di trovare in vetta ad aspettarci una pattuglia di carabinieri di Banari non avendo questa prova omologazione Fidal!!!! Ahahah…un po’ di satira podistica!

Alle 7.30 circa siamo pronti per la nostra fatica. La temperatura è ottima, circa 16 gradi ed è una bella giornata per fortuna senza traccia di umidità alcuna. Quello che mi spaventa è che i miei compagni di viaggio sono tutti forti, atleti che in salita spingono come dannati, l’ultima posizione sembra essere il mio destino. I primi 5 km su di un tratto di salita continua ma quantomeno ancora accessibile al mio passo tengo il loro ritmo, non senza qualche affanno, consapevole che quando dovremo svoltare presso la strada che conduce al complesso del ristorante Su Ninnieri mi staccherò da loro….un po’ per autonoma volontà un po’ per soverchiante predominanza dei miei compagni di viaggio. Qui la vegetazione è ancora abbastanza variegata anche se non ha né il fascino né la suggestione che evocano i tornanti a gomito del Monte Ortobene. Tutt’intorno si odono i latrati dei cani ed il pensiero principe è proprio quello di non vedersi spuntare fuori all’improvviso quei molossi dei pastori fonnesi noti per avere di primo mattino una predilezione particolare per lo stinco dell’uomo. La cosa è da sprono per non farmi staccare dagli altri che mi sembra corrano con una certa facilità. Comunque il latrato rimane solo tale, forse è domenica anche per loro penso. Il chilometro che ci aspetta fino al crocevia che a sinistra porta al Monte Spada e a destra verso la nostra meta è senza ombra di dubbio il più duro quanto a percentuale di pendenza. Innesto la marcia ridotta e come il più affidabile 4x4 vado avanti col mio passo breve in avampiede spingendo il tanto giusto per rendere lo sforzo meno lacerante per le mie gambe pelose…ma non per questo meno attraenti. Il colore nerastro pallido dell’asfalto è il leitmotiv di questo passaggio in cui i pensieri che affollano la tua mente sono così oscuri che a paragone quelli sulle rate del mutuo della casa da pagare diventano puro divertimento.

Ma il tratto per fortuna è breve e soprattutto cosa di non poco conto affrontato con la freschezza di un fisico che ha appena iniziato l’allenamento. Siamo a circa 25 minuti di corsa. Le sagome di Giuseppe e Tore sono già più minute, Gianni l’antilope li segue leggermente attardato e a ruota si trascina i cosciotti di Vladimir. Riccardo potrebbe stare con loro ma sente come un dovere morale il correre con il suo coach e non l’abbandona ma anzi lo sprona a seguirlo. Ed io per una volta mi trasformo da stimolatore in stimolato! Lo vedo bene, insegue le curve con lo stesso interesse che ci mette a sfogliare il codice di procedura civile. Se sfoglio il mio album di ricordi posso vedere la foto in cui questa salita, esattamente nell’agosto del 2011, la feci in 1h08’45’’ in compagnia di Giuseppe….ma i ricordi attestano solo i tuoi giorni di gloria e oggi non puoi cullarti su di essi. So che quel tempo è destinato oggi ad essere abbattuto. In seguito la salita continua e pur non raggiungendo il medesimo dislivello di Su Ninneri a tratti appare comunque di una difficoltà sproporzionata alle proprie possibilità. Ma non abbiamo timore e spingiamo ancora. Il paesaggio adesso si trasforma, la vegetazione alta viene a mancare del tutto e appare ai nostri occhi curiosa qualche vacca intenta a fare colazione con l’erba rigogliosa della sua campagna. Forte ed intenso è il profumo del timo e di qualche altra pianta selvatica che penetra nelle narici e che troverebbe la sua ideale sistemazione in qualche pietanza locale o ad aromatizzare un liquore scaldabudella. Nei tratti nei quali la visione del sentiero da percorrere è più ampia si intravvedono le sagome degli altri il che vuol significare che in fondo si sta ancora salendo bene. L’aria adesso è anche più rarefatta e si fa fatica perché non abituati a incanalare l’ossigeno verso i polmoni in quelle condizioni di altura. Il sole è alto e scalda abbastanza, tanto da richiedere più volte e con margini temporali sempre più ravvicinati il rifornimento d’acqua. Adesso oltrepassato un crinale in leggera discesa ci troviamo sul lato opposto dal quale è possibile ammirare l’immensità della nostra isola coi suoi rilievi che si perdono a vista d’occhio.

La Sardegna è di una bellezza mozzafiato se hai ancora la lucidità di capire dove ti trovi!!! Non mi sorprenderei con questo silenzio tombale, con la sua calma apparente se e con la mente annebbiata dalla fatica mi apparisse di colpo un ombra diafana dalle sembianze angeliche che mi sussurra di seguirla. Il sole è alto e illumina con glaciale verità i tornanti ancora da percorrere tutti inesorabilmente in salita e in alcuni tratti con pendenze da brivido. Si scorgono però le vette del Gennargentu dove sono evidenti le piste dove d’inverno si scia e lì alle pendici c’è il rifugio dove abbiamo lasciato la macchina. La via tende ad allargarsi e mostra alla nostra sinistra il baratro che ci attende se dovessimo malauguratamente uscire fuori strada. Diventiamo all’improvviso attori e spettatori, custodi di un tesoro fatto solo di immagini e profumi. Spingiamo ancora in quegli ultimi chilometri che sembrano non avere pietà dei nostri corpi così da regalarci ancora salita con strappi che dopo 13 chilometri ritenevi di non meritare affatto. Ma quando pensi di aver oramai speso le ultime gocce di sudore finalmente appare davanti a te il piccolo pianoro che ti ricorda che la tua fatica è terminata. Giungi stremato in vetta e per un attimo assapori l’annuncio dell’arcano segreto sul sentirsi bene. Lassù per un attimo è come se un mistero nascosto negli anni venisse rivelato al tuo cuore…

Gianni giunge per primo in 1h07’58’’, poi Giuseppe in 1h08’15’’, Salvatore 1h09’ e spiccioli, Vladimir quasi 1h10’ infine Riccardo ed il sottoscritto in 1h11’20 insperabile all’inizio. Ci si ristora, ci si cambia, alcune foto di rito stile Village People dei tempi migliori per immortalare il momento e poi di nuovo a Nuoro dove ci aspetta la meritata colazione. Anche questa avventura è fatta e archiviata.

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