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Venerdì pomeriggio a Nuoro ci sono circa 27 gradi e un cielo azzurro terso che in molti credono che settembre sia diventato di 61 giorni. Il ritrovo è al solito in Via Paolo Rizzo 1 davanti alla Pineta per il rituale del caffè da Tildo. Ben inteso, il caffè sfornato in quel bel chiosco non è un granché, ma la location ha il suo indubbio fascino.

E’ accogliente e curata. La comitiva è numerosa, 18 indigeni dei quali 10 maratoneti, 4 staffettisti (ma a seconda del tipo di staffetta decisamente di più)e 4 accompagnatori. Il morale ai miei occhi di esperto scrutatore trasfertista pare buono, qualcuno denota già tensione altri più navigati mostrano una tranquillità serafica….forse solo apparente. La maratona ha questa peculiare capacità di generare una crescente eccitazione che nei giorni precedenti si trasforma quasi in inquietudine di tipo foscoliana che culminerà al momento dello sparo dello start. Lì, in quel preciso istante, tutto finirà e ritornerà il sereno dentro mentre le gambe spiccano il volo. E ci si domanda perché quello sparo non lo si può sentire la settimana prima? La tensione si sa è una gran brutta bestia che nemmeno Orfei sarebbe capace di domare. Perché financo è positiva, cioè nelle giuste dosi, è una compagna importante per l’atleta che si è ben preparato perché infonde la giusta carica agonistica che non deve mai mancare quando si affronta questa prova. Motivazione vuol dire essere pronti a saper soffrire. Ma quando è eccessiva e soprattutto prolungata nel tempo diventa deleteria perché è un idrovora di energia preziosa. Molti atleti prima ancora di partire hanno consumato parte del proprio serbatoio energetico disponibile per via di una apprensione fuori controllo con il risultato di partire già in debito. In maratona l’energia è contingentata, oramai lo sanno anche le scarpe che usiamo, e ogni dispendio superfluo è da evitare. Ma l’ansia e l’agitazione fanno parte del Dna di ciascuno di noi e non sempre seguono un ordine gerarchico che gli intima di placarsi. Ma senza energia le gambe induriscono. E’ una regola bio-chimica. Col tempo e con l’esperienza ho imparato a controllarla.

Di Ryanair credo si sia detto di tutto. L’incubo dello sforamento del peso del trolley e della stazza dello stesso è quasi pari alla tensione pre-gara. Il passaggio di indumenti da una valigia all’altra è tra gli sport più in voga all’interno dell’aeroporto. Però a questa compagnia, tra le poche a fare utili, bisogna riconoscergli la puntualità delle partenze e spesso l’arrivo in anticipo. Poi che il comandante metta solo 20 euri di gasolio nel serbatoio è un'altra questione sulla quale possiamo anche fermarci a discutere. Il volo è molto rilassato, nessun bambino che piange e questa è già una novità, nessun comico improvvisato, nessuna polemica per il deposito bagagli sulle cappelliere. L’acquisto di alcuni soci del gratta e vinci rinsalda la convinzione che nessuno da quando è nata Ryanair ha mai vinto qualcosa grattando. L’atterraggio è puntuale sulla pista dell’aeroporto di Francoforte – Hahn, un vecchio scalo militare distante circa 100 chilometri da Francoforte e ad un 1 ora e trenta di pullman che prenderemo di lì a poco in compagnia di una nutrita rappresentanza della società amica di San Teodoro. Non sarà l’unico incontro con loro, le nostre strade si incroceranno spesso così come i boccali di birra ingurgitati insieme la domenica sera. Peccato, perché il mezzo parte alle 20.00 ed è già oscurità intorno a noi. Il tragitto non ci consentirà di vedere quel tratto di Germania che divide l’aeroporto dalla metropoli se non al ritorno quando i nostri occhi paleseranno un velo di malinconia per la fine della trasferta. Alle 22.00 siamo sistemati in due alberghi distanti. Un gruppo ha optato per stare vicino alla partenza della maratona un altro, tra i quali vi era il sottoscritto, ha preferito stare più al centro vicino alla stazione. Usciamo alla ricerca di cibo non necessariamente nella giusta e corretta proporzione definita dalla nostra dieta mediterranea. Francoforte, che in verità si chiama Francoforte sul Meno, la notte mostra da subito il suo lato moderno fatto di alcuni grattacieli imponenti ed illuminati a giorno situati nel centro della città che ne fanno una piccola , ma molto molto più piccola, New York.

Il suo lato commerciale e soprattutto finanziario traspare da subito con la vista dei palazzi della Commerzbank, della DeutcheBank e soprattutto della BCE. Bisogna cimentarsi in una torsione pericolosa del collo per vedere la fine di questi grattacieli. Purtroppo ai nostri occhi, alla ricerca di un posticino dove mangiare qualcosa, si apre da subito il degrado che pullula nei pressi della stazione, Banofh in tedesco, che per fortuna tende a sparire man mano che ci dirigiamo verso quella che è soprannominata la via dello shopping che a quell’ora è però stranamente semideserta. Prima di partire avevo letto qualcosa di questa città e tra gli aspetti poco lusinghieri c’era l’elevata criminalità e un diffuso consumo di droghe tra i giovani.

Pier Paolo, quello degli Stefanopoli più sintetico quando scrive, ha in mano la pianta della città. Male facemmo a dargli il ruolo di navigatore perché arrivare dal punto A al punto B significava passare per il punto C, D, E etc. etc. Ma la prima regola della truppa è mai mettere in discussione il capo. Ma la fame sopravanzava. Comunque alle 23 dopo una camminata labirintica troviamo un ristorante, dalla vaga parvenza italica, dove prendere una pizza. E’ il primo vero momento in cui si palesa con forza tutta la nostra inadeguatezza nell’esprimerci in inglese. Quanto ci è mancato il nostro olandesone Oebe meglio noto come “GoOebe Traslate”. E’ questa una grande lacuna per noi. Ovunque ti giri ti accorgi di quanto multirazziale e cosmopolita sia la città, o eterogenea come piaceva dire una nostra simpatica conoscenza, e questo limite, questa barriera rinforzava in me la convinzione di quanto l’inglese alle scuole dovesse avere in Italia quasi la stessa rilevanza dell’italiano. Non possiamo più permetterci questo distacco col resto dell’Europa e del mondo anche se di contro ci perderemo il gusto di farci quattro sane e grasse risate nell’ascoltare il gemellino Pier Paolo intento a farsi capire.

In seguito dopo un primo tentativo di comprendere dove fossimo esattamente parte del gruppo fa ritorno in albergo dichiarandosi stanco e impossibilitato a proseguire, mentre alcuni di noi preferiscono una passeggiata lungo la parte vecchia della città stranamente deserta per favorire la digestione e cercare di rilassarsi un pò. Rispetto ad altri centri nordici visitati in cui il venerdì venivi catturato dall’energia, dalla vivacità di una città che la notte si svegliava e rimaneva in piedi fino a giorno qui invece era tutto silenzio e buio. La parte più storica anzi pareva quasi una donna troppo pudica e casta che ha timore di mostrarsi agli occhi dell’amante. Tutto ciò ai miei occhi appariva strambo. Questa piazza molto bella dovrebbe essere viva, illuminata, piena di energia positiva ed invece niente di tutto ciò. La nostra prima apparizione in quelle strade si chiudeva lungo il Meno e i suoi ponti, luoghi in cui i romantici avrebbero trovato il miglior giaciglio per sussurrarsi parole d’amore o anche solo per non trovare il coraggio di dirle…bella questa frase è piaciuta anche a me mentre la scrivevo. La mia professoressa d’italiano diceva sempre che io vivevo in un mondo tutto mio…però mi metteva dei bei voti.

La prima notte in un albergo davvero carino e confortevole sotto tutti i punti di vista, o sotto tutte le virgole d’udito o i punti e virgola di olfatto, aveva però il suo rovescio della medaglia….non quella che danno alla conclusione della maratona. Purtroppo dalle prime ore del mattino passavano filobus, tram e altri mezzi di trasporto che non erano dotati di silenziatori certificati. Sicuramente il punto debole dell’allocazione. Ma al terzo giorno già non ci facevo più caso anzi il mio nemico era interno alla camera. Pino, maestro di compagnia e buon umore, la notte ha delle abitudini bizzarre. Insomma aziona la contraerea senza nemmeno accorgersene. Comunque dopo l’iniziale sbandamento per via dell’attribuzione di un letto matrimoniale il tutto è filato liscio come l’olio. Sembravamo padre e figlio. Indimenticabili sono state le ore trascorse la notte a guardare i mondiali di sollevamento pesi in Polonia….era l’unica trasmissione che quantomeno si poteva intuire. Il sabato dopo una colazione che dire frugale è solo l’ eufemismo di un eufemismo ci si invola verso l’expo per il ritiro dei pettorali. I patti sono chiari nel gruppo, evitiamo inutili perdite di tempo, a tale ora ci si ritrova qui chi c’è c’è chi non c’è peggio per lui. Se non metti alcune regole gestire il gruppo diventa impossibile. Tutto si dilata col risultato che si riesce a vedere solo un quarto di ciò che si potrebbe visitare. Come ho già riportato in alcuni post sul mio blog personale, anche quello controllato dalla Cia come se dalla notte dei tempi non lo facessero tutti i servizi segreti del mondo nei confronti di tutti e soprattutto nei confronti degli amici, la mia possibilità di correre la maratona si stava ridimensionando pian piano che ci si avvicinava all’appuntamento.

Anzi alla fine avevo già deciso che avrei corso ma piano sperando di potercela fare senza eccessiva sofferenza muscolare, magari insieme a qualche compagno di viaggio. I miei quadricipiti s’indurivano inspiegabilmente da un mese e più a questa parte. Poi circa tre settimane prima della partenza un membro del “Nuoro Team”, questo il nome attribuito al nostro gruppo di staffettiste, per la cronaca la sfortunata Mariantonietta è stata male ed ha dovuto rinunciare alla prova. Mi è venuto naturale cogliere l’occasione e offrirmi come rimpiazzo di lusso sperando di riuscire a correre decentemente. Ovviamente ho chiesto la frazione più corta che mi garantiva la quasi certezza di finire la prova. Per me non c’è stato sacrificio alcuno, nessuna rinuncia strappacuore alla 42km, nessuna delusione, nessuna depressione post parto, ma anzi solo un crescente piacere nel pensare che, primo le altre tre componenti avrebbero potuto esprimersi senza vanificare gli allenamenti che avevano fin qui svolto, e secondo vedere il loro entusiasmo e la gioia per questa esperienza rimanere intatti. A volte la profondità della delusione di una rinuncia è inversamente proporzionale all’intensità della soddisfazione che si prova nel percepire la felicità di qualcun altro. Non so se mi sono spiegato bene. Insomma in parole povere la loro felicità mi ha abbondantemente ripagato. Ritirati i pacchi gara, prese le magliette e constatato che ciò che si vendeva non era per niente economico ci siamo involati verso il centro.

Francoforte non ha grandi monumenti e anche il suo centro storico, il Romerberg dove ha sede anche il municipio, in realtà altro non è che la ricostruzione in parte di alcuni edifici che vennero bombardati tra il 1944 e 1945 dalle forze alleate. Alcune gigantografie fotografiche che campeggiavano nella piazza principale, la Romer Place, mostravano lo stile urbanistico e l’architettura medioevale pre bombardamento. Oggi quello che si vede dà solo una vaga idea di quella che era l’espressione e la struttura della città e del suo centro. Affascina ma certo non scalda il cuore come i monumenti italiani il Duomo Imperiale e le sue guglie, o la chiesa al centro della piazza dal nome impronunciabile. Godibili alcune vie tutte ricostruite tra le quali spiccava quella in cui c’era la casa di Goethe. Quando si è saputo che all’interno c’erano gli arredi originali della casa del famoso scrittore tedesco, compresa la scrivania nella quale scrisse “I dolori del giovane Werther”, si è optato per la rinuncia alla visita. Gli scritti del sottoscritto a detta di Walter erano più che sufficienti per il mal di pancia dell’intera comitiva che non occorreva aggiungere quelli di Goethe. Ho preso queste parole come una critica positiva dopotutto. Per il resto Francoforte è divisa in due e non solo dal fiume Meno ma anche dallo stile inconfondibile degli edifici. Da un lato la parte moderna coi grattacieli e la via dello shopping, dall’altra la parte composta da una zona residenziale con bellissime ville tutte circondate da giardini e soprattutto interamente completate a regola d’arte. I colori vivi e puliti e le tettoie spioventi caratterizzavano tutti gli stabili. E’ probabile che lì il municipio prima di rilasciare la concessione edilizia chieda una verifica finanziaria sulla sostenibilità della spesa, non come da noi dove sorgono case che vanno a stato avanzamento lavori della durata di 80 anni di media!!!! Certo a questi crucchi gli si può rimproverare una certa monotonia di stile ma sempre meglio dell’anarchia urbanistica tipica delle nostre zone. Sempre al centro vi consigliamo un grazioso laboratorio di dolci gestito da due apprendisti di circa 70 anni cadauno. La bontà dei dolci in esposizione, ho assaporato il classico strudel, era pari solo alla loro lentezza nel servire….roba da far perdere le staffe anche a un morto. Il fiume Meno rappresenta un'altra attrattiva per i turisti.

Da una parte puoi farti lunghissime passeggiate coast to coast con un amico/a a cui piace dilungarsi nella conversazione, dall’altra puoi soffermarti anche qui sui ponti oramai in perfetto stile Moccia e ponte Milvio. Difatti nei dintorni nascono ogni giorno nuove iniziative imprenditoriali che commerciano unicamente lucchetti dell’amore per quei babbei che sono ancora convinti che il sentimento possa restare infinito solo se lo assicuri con un lucchetto in acciaio quando i veri lucchetti sono solo le nostre azioni ed attenzioni quotidiane verso il nostro partner. Noi pensiamo ben altro e difatti non ne acquistiamo. Gli affari sono comunque garantiti visto l’immensità degli allocchi che ci cascano. Oltre il fiume in una giornata contraddistinta dalle temperature quasi estive e dall’intensa umidità, che ha spaventato non poco i maratoneti, abbiamo trovato un pub nel quale ci si è potuti finalmente deliziare del famoso Stinco di maiale di Mario Bitti memoria con contorno di crauti e patate. Le possibilità erano due cotto a vapore oppure arrosto. Abbiamo optato per quello cotto a vapore in quanto ci è parso di capire che l’altro non veniva servito. Posso solo accennarvi che l’espressione che ho visto nel viso delle due compagne di viaggio, nel momento in cui il burbero baffuto che serviva nel locale portava le pietanze, è stata la stessa che puoi notare durante la proiezione di un film horror oppure nella sala autopsie di un patologo forense. Brivido, terrore, raccapriccio come nella tradizione del miglior Cattivik!!!! Effettivamente al primo impatto quello stinco è parso a chi il culetto di un neonato, a chi il culetto di un babbuino…..ma anche qualcosa di peggio, qualcosa di grosso ma innominabile senza prima mettere il bollino rosso!!!! Comunque dopo alcune reticenze si è provveduto all’assaggio. Personalmente ho lasciato la parte esterna che era grasso al 105% e ho mangiato il resto trovandolo discreto ma nulla di più. L’accompagnamento delle patate tipo purè anche se non così gustoso e soprattutto dei crauti al mio palato troppo acidi ha fatto si che questa famosa pietanza tedesca non riuscisse ad entrare tra la top ten dei miei piatti preferiti di tutti i tempi. In realtà nemmeno tra i primi 1000. Ma per scalzare la pasta alla carbonara o il tiramisu ci vuole ben altro!!!!

Dopo pranzo, dopo aver preso un italianissimo caffè anche se caro che focu, i maratoneti hanno preferito giustamente recarsi in albergo per riposarsi ed evitare di stare troppo sulle gambe. Io insieme a qualcun altro ho preferito invece immergermi nella via dello shopping in quel momento molto vivace e frequentata. La via dello shopping, Ziel in tedesco, è un area interamente pedonale dove sorge un enorme centro commerciale che la notte s’illumina di un colore blu vivo a tratti fosforescente che crea una sorta di effetto navicella spaziale aliena. Tutt’intorno ci sono boutique di ogni genere dove se hai carte di credito da utilizzare non ti mancheranno di certo le occasioni per spendere. Ma noi dobbiamo fare i conti col peso del nostro bagaglio a mano per il rientro con Ryanair o almeno così facciamo finta di credere. Non puoi non notare l’elevato numero di personaggi che impropriamente vengono definiti gli sconfitti della vita, i perdenti. Preferisco pensare siano solamente persone sfortunate. Certo è che il contrasto è evidente e forse anche fastidioso. Purtroppo scindere la sfortuna dal libero arbitrio non sempre è evidente. Come accade sempre fai finta di non farti coinvolgere da quelle immagini di accattonaggio e miseria. Il gruppo nel frattempo si sgretola come nella più dura delle tappe di montagna del tour de France e la nostra cellula femminile si distacca per mostrare che non hanno bisogno di guide e che sono in grado di cavarsela da sole…salvo poi perdersi. A un certo punto mi ritrovo solo come un cane ma senza voglia di rientrare in albergo.

La notte prima sul ponte avevo ammirato la skyline del centro moderno di Francoforte tutto illuminato. Il profilo dei grattacieli e in particolare della Main Tower avevano solleticato la mia curiosità a tal punto che mi ci sono recato. L’area presenta la tipica freddezza delle zone ultramoderne, difatti non è frequentata da nessuno, e l’unica cosa che desti un qualsivoglia interesse è proprio il piacere di arrivare in punta per ammirare la città dall’alto. Il costo è di soli 6,50 euri per una scalata di 190 metri su di un ascensore che ci porta su in circa 10/15 secondi. Le orecchie mi si tappano e all’interno è tutto un mugugnare per la sensazione provata. Nella veranda soffia un vento che giù di basso non si avvertiva, meglio infilarsi il giubbotto. Finalmente Francoforte è ai miei piedi. Posso vedere la main street affollata di gente che sale e scende, il Meno e i suoi ponti che si allungano per km e km, il centro storico e gli altri grattacieli a contrasto, le foreste e i boschi in lontananza e anche una centrale nucleare nemmeno troppo distante. In fondo Francoforte non è poi così estesa anche se sicuramente s’intreccia in lontananza con altri centri abitati dando l’illusione che sia più grande di quello che è. Adesso posso rientrare in albergo dove dopo una doccia rinvigorente c’è già l’appuntamento per l’uscita serale alla ricerca di un ristorante in cui fare il pieno di carboidrati. Il ristorante italiano “L’Olivastro” si caratterizza per il personale italiano, per la musica rigorosamente anni 80 sempre italica tra le quali spicca il duo Albano e Romina, canzoni che parte della comitiva non disdegna di cantare con un imbarazzante trasporto, per le porzioni di pasta un po’ scarseggianti rispetto al fabbisogno del maratoneta anche se la carbonara che ho ordinato io era davvero buona. La notte ci aspettava e per molti di noi, ma non per il sottoscritto, sarebbe stata agitata come si conviene prima di un grande appuntamento.

La mattina della domenica il tempo si preannuncia più fresco di quanto le previsioni avessero predetto. Meglio così, se si fosse corso col clima del sabato sarebbe stata davvero dura. Invece la temperatura è buona, purtroppo le nuvole fanno presagire pioggia e anche il vento dovrebbe rinforzare non poco. Quest’anno faccio parte del gruppo che correrà una prova per noi inconsueta: la staffetta. Siamo in quattro e ognuno dovrà compiere un tratto di strada differente. Il chilometraggio non è omogeneo in quanto giustamente l’organizzazione ha predisposto le aree di cambio in zone facilmente accessibili coi mezzi pubblici al podista. I giorni precedenti lo studio delle cartine e dei dettagli dati dall’organizzazione non era riuscito a schiarirci bene le idee su come ci saremmo dovuti spostare. Il mio pensiero preoccupato era volto soprattutto nei confronti della timida Antonella Piga che temevo potesse perdersi e ritrovarsi a Berlino o peggio ancora a Stalingrado. Purtroppo Antonella la notte non russa. Il mio gruppo è composto da Antonella Cau che correrà la prima frazione di 12km, poi ci sono io per soli 7km, Antonella Piga per 9,5 km e infine gli ultimi 13,5 sono appannaggio della bionda Daniela Casandra. Sono l’unica donna con i peli evidenti nel petto, nelle gambe e per giunta col pizzetto. Porto una prima e ho scordato l’ombretto ed il rossetto. Confido che il pubblico pensi che in perfetto stile Germania dell’est abbia fatto un uso un po’ disinvolto di ormoni androgeni. Il ruolo di donna in questa occasione mi piace anche se ci sarebbe voluta una capatina a Casablanca per ottenere il meglio.

Ma non ho avuto tempo. Comunque per non dare troppo nell’occhio ho preferito non indossare il perizoma. Quando aiutai Daniela a fare l’iscrizione, a luglio mi pare, sopraggiunse un po’ di delusione in quanto il numero limite dei team era stato già raggiunto. L’organizzazione in tedesco in una mail ci aveva fatto sapere se volevamo comunque essere messi in una lista di riserva con la speranza che qualche pacchetto offerto alle agenzie di viaggio tornasse invenduto. Si doveva però aspettare i primi di ottobre. Prima di rispondere si abbiamo chiesto a che punto della lista eravamo e ci è stato risposto: “84imi!!!!”. Abbiamo chiesto in base all’esperienza passata quanti ne venivano ripescati e ci è stato risposto dai 30 ai 100 a seconda delle annate. La nostra perseveranza, unita alla decisione di fare il viaggio lo stesso anche da turiste, e al nostro atteggiamento positivo e ottimista alla fine ha premiato e ai primi di ottobre in perfetto tedesco è giunta la mail positiva del ripescaggio. Non restava che correre e soprattutto capire come il tutto funzionava.

Prima di separarci per recarci ognuno nella propria area di appartenenza facciamo qualche foto all’interno del Forum dove c’è l’arrivo molto suggestivo della maratona. E’ una bella sensazione anche se solo la nostra ultima staffettista avrà il piacere di varcare quell’ingresso correndo. Gli spalti saranno pieni, l’assordante musica e le coreografie stile carnevale da lì a poco riempiranno il locale dando l’immagine di una grande festa collettiva e liberatoria. Un po’ d’invidia c’è ma è anche vero che Daniela è colei che si è prodigata affinché tutto ciò avvenisse e mi pare che questa scelta, insindacabile, fosse la corretta ricompensa per tanta dedizione mostrata nei mesi precedenti. In tutta onestà la mia avventura al contrario delle compagne di sodalizio, in chiaro ed evidente stato di tensione acuta, è stata caratterizzata da una serenità e calma che ho sempre sognato di poter avere prima di una maratona. Mi pareva di non dover nemmeno correre, il rilassamento era totale. Sapevo comunque di avere una responsabilità nei confronti delle mie compagne di viaggio e perciò avrei provato a dare il massimo ma avendo puntualizzato che non dovevano aspettarsi miracoli. Fisicamente ero un incognita. Insieme abbiamo assistito eccitati alla partenza della Maratona, non senza qualche rimpianto, e abbiamo salutato gli amici che si apprestavano all’impegnativa prova. Katia è stata l’ultima che ho visto, anche lei tesa e agitata. Le mie parole e un abbraccio non l’avranno rincuorata ma quantomeno sapeva che le stavo vicino. Dopo aver preso la metro ho raggiunto la cosiddetta area di transizione dove avveniva il cambio tra staffettisti.

Per me era un assoluta novità pari quasi allo stupore che provai la prima volta che vidi una donna nuda….va bè, forse un po’ di meno. Praticamente il percorso era lo stesso della maratona però il cambio avveniva in alcune vie che declinavano perpendicolari al percorso gara con tratti che tra andata e ritorno erano di circa 200 metri in cui venivamo suddivisi a gruppi di 100. La confusione era totale. La staffetta partiva circa 25 minuti dopo lo start e a soli 10 dall’ultima onda, normale sarebbe stato incontrare i podisti più lenti quelli delle 4 ore e oltre…molto oltre. Durante l’attesa tra un esercizio e l’altro ho visto passare nell’ordine Giuseppe in bella spinta e concentrato, Gianni e Salvatore leggermente in ritardo, Armando rilassato e il duo di San Teodoro Loris e Valerio. Poi mio fratello Pier Paolo in compagnia del sempreverde Emiliano avevamo l’espressione più da turisti che da podisti. Di più non sono rimasto in quanto a breve sarebbe giunta Antonella, secondo i miei calcoli…non quelli renali dei quali non soffro per fortuna, e dovevo riscaldarmi. Inizialmente ho pensato di accendere un fuoco ma dopo ho optato per correre una decina di minuti con indosso la tuta da imbianchino proteggi intemperie. Il primo staffettista ha impiegato circa 34’/35’ minuti che mi sono sembrati davvero strani perché abbondantemente sotto i 3 a km!!! 12 km sotto i 3 a km col muro dei maratoneti lenti mi ha riempito di dubbi.

Ci sono anche dei top runner nelle staffette? Non c’è altra spiegazione. Piano piano hanno iniziato ad arrivare gli altri e nell’attesa ha anche iniziato a piovere abbondantemente proprio quando toccava a me. Antonella giunge spedita in circa 56 minuti completamente zuppa d’acqua, le tolgo il chip lo metto nel mio stinco e parto alla velocità della luce confidando nel non stacco da parte dell’Enel. Percorro il budello che ci indirizza di nuovo verso il percorso maestro della gara. Alla fine ho calcolato che con queste deviazioni i team facessero circa 600 metri in più di gara. Non è stato semplice correre. Primo io carburo solo dopo 5/6 km cioè quando stavo finendo iniziavo a correre bene e rilassato; secondo trovare davanti una marea umana di podisti molto lenti ti costringeva nei punti in cui la strada non era larga a continui zig zag e passaggi nei cordoli dei marciapiedi o sopra le aiuole, quando anche a improvvisi stop nei punti in cui la carreggiata stringeva. Il crono di alcuni passaggi però diceva che ero abbondantemente sotto i 4’. Il mio lo stavo facendo con dignità e raggiungere e sorpassare continuamente altri staffettisti, che riconoscevi in quanto dietro la schiena avevano il pettorale o forse meglio dorsale con scritto staffel, mi caricava sempre di più. Insomma mi stavo davvero divertendo, mi sentivo modestamente il più forte del pianeta, e cosa di non poco conto anche le gambe rispondevano bene nonostante non gli facessi domande. Ahahah, questa battuta è piaciuta anche a me. Il km del cambio era dopo il 19imo, con la coda dell’occhio vedo Antonella con l’espressione tipica di chi ha in mano il pulsante che può cambiare il destino del mondo. Terrore allo stato puro! Vaai Anto, dobbiamo solo divertirci i tempi non ci interessano. Il passaggio del testimone e l’incoraggiamento alla partner hanno ratificato la mia prova. Bene, adesso finalmente posso fermarmi tutto novembre per rimettermi a posto sotto tutti i punti di vista.

Terminato lo sforzo, bagnato come un pulcino non mi cambio e volo via verso la fermata del treno, la linea S7 per gli amanti dei dettagli, che di lì a poco mi porta alla stazione centrale. In questo lasso di tempo conosco mi pare di ricordare Holga una giovane tedesca di, mi pare di aver capito, Hansel che deve rientrare alla zona di partenza ma non sa come arrivarci. Nel mio inglese ultra stentato le faccio comprendere di seguirmi. Follow me è facile da pronunciare. Ogni mio tentativo di spiegare qualcosa la faceva ridere di gusto così tanto che mi tornavano in mente i ricordi del mio insegnante di inglese delle superiori che all’interrogazione mi diceva sempre che parlavo come gli indiani nei film. E li oltre alla risata dei compagni di classe scattava anche un bel 4 nel registro. Col tempo ho comunque ….peggiorato. Dopo averla fatta salire nella linea U4 direzione Messe ho avuto il tempo di rientrare in albergo, docciarmi, mangiare dei Gran Cereali e involarmi al forum per vedere gli arrivi. Il mio ingresso coincide con l’arrivo a braccia alzate di uno stremato Furia. Ho giusto il tempo di vedere 2h47’. Veramente grande, oggi soprattutto nel finale non era semplice.

Gianni Antilope Goseli giunge bene con un timido tentativo di alzare le braccia. Mi perdo Armando per eccesso di distrazione da monitor gigante presente e vedo invece uno sconsolato Salvatore KipColumbu abbondantemente sopra le 3h. E’ giovane e si rifarà. Manca ancora l’esperienza. Pier Paolo e Emiliano sono ancora insieme ma il secondo ha perso l’espressione da turista che è diventata da turnista di qualche miniera di carbone, sembra cotto a puntino stile stinco del giorno prima. In attesa di Daniela giunge anche in bello spolvero Giò Maria che vince la sua sfida con l’amico Walter attardato e in crisi. Ecco la nostra splendida frazionista involarsi fermando con un sorriso impagabile il tempo in 3h18’46’’. Credo che tra disorientamento in zona cambio, cambi chip e sovraprezzo di percorso ci sia da limare buoni buoni 3 minuti che in fondo era il tempo preventivato alla partenza….cioè a dire che tutti e quattro abbiamo fatto bene il nostro lavoro. Passione, dedizione e divertimento si sono mostrate la miglior miscela. Tra l’altro siamo “arrivate” come staffettiste solo donne terze in assoluto e 49imi su 1600 team. Speriamo non escano fuori foto di quella seconda frazione….altrimenti il dubbio che Luisa in realtà sia Luigi difficilmente potrà resistere ancora. Ma l’errore è dell’organizzazione mica nostro. Dopo un grande Pino e la volta dell’unica rappresentante femminile, Katia che giunge semi azzoppata e dolorante. La maratona è anche questo sofferenza mentale e fisica. A chiudere ci pensa Francesco il noto filointerista che ha dovuto arrendersi ad un dolore latente che ha pensato bene di risvegliarsi intorno al 25esimo km. Peccato perché era in buona forma e stava correndo bene….cosa che per un interista è già strano di per se!

Tra un arrivo e l’altro si rientra in albergo che è già tardi pomeriggio. Ci si dà appuntamento per i bagordi del dopo gara in cui la rilassatezza per una tensione oramai evaporata del tutto domina lo stato d’animo dei presenti. Francoforte anche nel pomeriggio festivo non appare come una città viva e vivace anzi tutt’altro. Mi convinco sempre di più che la finanza, qui c’è anche la borsa tedesca, vero caposaldo di questa metropoli ha raffreddato il cuore ed il sorriso dei suoi abitanti. Ma poco ci importa quello che adesso vogliamo è della fresca e salubre birra made in germany. La troviamo nel pub della Paulainer nei boccali da mezzo litro che scendono con una facilità disarmante. Paiono ruscelli nella stagione piovosa. C’è anche il gruppo di San Teodoro a festeggiare con noi e Andrea Porcu tira fuori tutto il suo campionario di battute olbiesi che fanno ridere solo i tedeschi…..penso perché non le capissero!!!! Ahahahah. Ai piedi della giuliva e briosa Greta emigrata da Atene le pinte si susseguono con cadenza allarmante nell’attesa che anche il resto del gruppo si unisca per la battaglia finale fatta a base del famoso “Krautefleischkase” pietanza tipica teutonica che anche il peggior dietologo del mondo consiglia di mangiare solo una volta all’anno. Il rischio intasamento arterioso è nell’aria. I racconti delle imprese sulle strade francofortine si tinteggiano di epico. Le avversità, le traversie incontrate sono pari alle sette fatiche di Ercole. Tutti paiono aver attraversato deserti di sabbia, distese di ghiaccio, salite impervie e discese ardite. Con un orecchio ascolto le difficoltà disumane incrociate ma la mente deve continuamente far ricorso alla sua calcolatrice per dividere il tutto per quattro. Il vero maratoneta esce fuori e si assomiglia sempre più al peggior cacciatore o pescatore sardo. Ahahah. Ma la mia testa è già altrove…il pensiero di dover riprendere la metro per la ventesima volta senza pagare il biglietto avanza inesorabile. Ma mai avremmo pensato prima di partire che le nostre donne su questo tema fossero peggio di noi.

La mattina dopo l’ennesima colazione col brother, chischeddu e walt facciamo ancora in tempo a recarci presso il mega centro commerciale. Nuovo viaggio a sbaffo. Obiettivo dichiarato: l’acquisto salva famiglia Stefanopoli di capi di abbigliamento da omaggiare a moglie e figli in trepidante attesa. Il tentativo di dialogo in qualcosa che si assomigliasse all’inglese da parte del fratello gemello è comico a livello di film di Stanlio e Ollio, ma alla fine riusciamo ad intenderci col commesso che probabilmente avrà guadagnato la lauta commissione sulle vendite. Il rientro in albergo è segnato dal giallo dell’ultimo momento. Che fine ha fatto il cappellino della maratona di Boston di Superluis? L’arcano viene risolto alla reception ma ciò non toglie che si sono vissuti momenti drammatici. Alle 11.30 ci aspetta il pulman direzione Hahn. Questa volta possiamo goderci grazie alla guida da formula 1 di una biondona tedesca di un po’ di campagna germanica e della presenza intervallata di piccoli paesi fotocopia che si susseguono alcuni specularmente tanto da offrire una sorta di effetto specchio. Ryanair ci aspetta in anticipo sui tempi e ci riporta in Sardegna con un ricordo in più e qualche soldo in meno. Francoforte….forse verrò a correre gli altri 35 km che ancora mi mancano ma di sicuro non tornerò da turista….

E vissero quasi tutti felici e contenti. Chi è giunto fino a qui può fare l’IronMan senza allenamento.

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