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Commenti sulle Gare
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Eccomi qui dopo mesi di assenza, a raccontare quella che è stata l’esperienza incredibile vissuta negli States.

Inizio con un particolare ringraziamento a Gian Carlo fisioterapista capace con i suoi efficienti ed efficaci trattamenti di consentirmi di correre la Maratona di Chicago, cosa che a poco più di un mese dall’evento sembrava improbabile. Prenotare un viaggio con 7/8 mesi di anticipo comporta dei rischi per un Maratoneta che, sapendo di svolgere una preparazione di 4/5 mesi potrebbe incorrere lungo il cammino in un infortunio, quello che è capitato al sottoscritto. Le cose sono due in questi casi, annullare tutto o alternativa sofferta, presenziare da turista o mezzo atleta. Ho scelto la seconda opzione, la prima l’avrei presa in considerazione se la Maratona fosse stata in Italia e una rinuncia non avrebbe comportato rammarico. Non sto a descrivere tutti i tentativi andati a vuoto in estate cercando di sciogliere una stupida contrattura dolorosissima, so solo che una sera di Settembre di colpo tutto è sparito e da quel momento ho sfruttato i 35 giorni rimanenti, per recuperare almeno in parte il lavoro precedentemente non svolto.

Obbiettivo solo 2 lunghi, un 26 e un 30 che mi garantissero un minimo di autonomia e in mezzo delle corse da 15 km per mettere su un po’ di chilometri e qualche 20 nel fine settimana. Questa è stata la mia non preparazione. A Chicago parto con due amici sardi. L’esuberante Gegia di Ozieri compagno di tante altre avventure e Fernando da Iglesias, persona semplice, educata e distensiva. Tralascio il viaggio di andata in un aereo davvero scalcinato, viaggio lungo e insopportabile. Arriviamo a Chicago intorno alle 19.00 di venerdi. Clima gradevole. Abbiamo il tempo di sistemarci in albergo collocato in zona centralissima e uscire a goderci la nostra prima serata nella terza metropoli statunitense.chicago marathon 2 Il primo impatto è decisamente favorevole. Siamo circondati da altissimi grattacieli che dominano la città, i quali vengono avvolti dalla famosa linea metropolitana sopraelevata (Loop line), teatro di numerose riprese di film di successo. Nonostante la stanchezza abbiamo il tempo di avvicinarci in uno dei tanti ponti che permettono di oltrepassare il Chicago River.

Foto di rito ricordandoci la scena in cui Sean Connery poliziotto con il manganello fermò e conobbe Kevin Costner nel film Gli Intoccabili. Abbiamo tempo per mangiarci un paninone tipico americano e poi si va a nanna decisamente sfiniti.  Sabato mattina appena svegliati imperdibile fare colazione nelle tipiche Starbucks. Il resto della mattinata lo dedichiamo all’expo per il ritiro pettorali. L’organizzazione è impeccabile. Sfruttiamo i bus messi a disposizione degli atleti per arrivare al palazzo dei congressi e in cinque minuti completiamo tutte le operazioni di rito. Abbiamo ancora tanto da imparare in Italia. Scopriamo con stupore che domenica mattina l’orario di partenza è fissato per le 7.30! Immaginiamo sia un errore, che forse abbiamo tradotto male il testo del regolamento, invece no.

Rimango un po’ deluso affermando in modo un po’ superficiale che le prime due ore di gara si sarebbero corse con una città addormentata. Il pomeriggio viene dedicato a una visita più accurata della città, e approfittiamo di una splendida giornata di sole per farci una bella passeggiata nelle vie dello shopping. Decidiamo, sempre in virtù della bella serata, di salire nel grattacielo più alto d’America il Willis Tower a goderci il panorama. 2 ore di fila ci fanno pensare che forse il giorno prima della gara sarebbe stato meglio evitare, ma quando giungiamo al 108° piano dell’edificio a 442 metri d’altezza in soli 60” di ascensore, la nostra perplessità svanisce sostituita dall’ammaliante vista che ci appare ai nostri occhi. Si ammira la città e si scopre quanto sia estesa. Particolarità del luogo, l’assenza di montagne all’orizzonte, tutto rigorosamente piatto. Chiusa la visita, dopo un lauto pasto consumato in ristorante alle 20.00 si rientra consci che la sveglia sarà per le 4.30 del mattino, le 11.30 italiane, il Jet lag non causerà problemi. chicago marathon 3

La mia tranquillità mi sorprende. Sarà perché non ho ambizioni cronometriche, sarà che sono alla 54° maratona, sta di fatto che il cammino che conduce dall’albergo alla zona cambi lo vivo con una serenità assoluta, godendomi tutte le immagini che scorreranno lungo questo we. Alle 7.00 abbiamo consegnato le sacche e ci dirigiamo nelle griglie di partenza. Il nostro percorso qui si divide, ci si da un in bocca al lupo e da questo momento il mio cammino sarà solitario. Alle 7.20 una cantante indigena intonerà l’inno americano, ancora pochi istanti e quella leggerissima tensione sparirà di fronte allo sparo di questa 27° Chicago Marathon. Si parte. Le strade larghissime agevolano subito il ritmo di corsa, nessun rischio di rimanere imbottigliati o rallentati, se penso a Roma! Dopo aver affrontato la maggior parte del primo km in un sottopassaggio, si entra nella centralissima State Street e con grande incredulità troviamo sui lati della strada una muraglia di persone che fa un tifo da stadio. Da questo momento in poi si correrà quasi sempre con le strade invase da gente festante che ci inciterà per tutti i 42 km.

Mi sono chiesto se da noi mai potrà accadere una cosa simile. I primi 21 km trascorrono a una velocità impressionante, osservo tutto quello che mi circonda e che trovo inverosimilmente favoloso e ascolto le tante postazioni di musica collocate lungo il percorso capaci di trasmetterci ulteriore forza. Sorrido nel vedere il sosia di Elvis intonare un noto brano degli anni sessanta, apprezzo un gruppo di dieci elementi, tutti rigorosamente over 60 con cartello infisso a terra con su scritto Beatles, che cantano Help, ma il massimo è stato raggiunto quando un numeroso gruppo, tutti abbondantemente sovrappeso ballavano e cantavano sulle note di Billie Jean, tra me ho pensato che erano frequentatori di una scuola di ballo aperta a sole persone obese. Ho un ritmo costante, viaggio intorno ai 4’40 a km o poco più veloce.

Lo trovo facile e adatto alla mia condizione anche se so che dopo il 30° mantenerlo sarà arduo. La mia preparazione conta solo un lungo da 26 chiuso squagliato e uno da 32 km fatto invece bene, su questi due lavori dovrò basare le mie forze. Bevo con costanza solo acqua, nessun altro integratore, ormai da tanti anni ho sposato la filosofia che tutto quello che ottengo, lo traggo dal mio corpo e senza ricevere aiuti esterni. Arrivato al 30° km sto ancora bene, sento solo le cosce un po’ indurite ma non i polpacci, che in passato sono stati la causa di alcuni finali tragicomici. Tra l’altro è il momento che inizio a recuperare tanti atleti entrati in crisi. Questo si che garantisce ulteriore energia, soprattutto mentale e che ti da una carica motivazionale elevatissima. Pensi che mancano solo 10 km, il minimo sindacale per un maratoneta. Sono ormai quasi giunto al traguardo. Le energie fisiche gradualmente si esauriscono e da quel momento so già che sarà un combattimento tra una vocina che ripeterà in continuazione “ma chi te lo fa fare, fermati” e la testa che dovrà decidere se continuare. Gli ultimi 5 km sono  interminabili, durissimi, le gambe sembrano di pastafrolla, ma nonostante ciò rallento di soli 10” a km e soprattutto entro nel lungo rettilineo finale (4.5 km circa) dove intravedo l’arrivo, la luce. La gente sui bordi che incita a non  mollare. Ultimi 500 metri, svolta a destra, strappo maledetto di 200 metri, poi curva a sinistra e infine i 300 metri che conducono al traguardo e che faccio a braccia sollevate come da rituale consolidato. La testa mi gira, lo sforzo è stato eccessivo, utilizzo una transenna per tenermi in piedi, poi con gradualità ritorno alla vita normale.

Recupero la sacca e attendo i miei compagni di viaggio nel luogo concordato. Gegia e Fernando arrivano felici, anche loro autori di una bella prestazione. Sono appena le 11.00 del mattino, c’è un bel sole tiepido. In una vasta area erbosa hanno allestito un palco con un gruppo musicale tremendamente figo. Ci fermiamo un oretta ad ascoltare la loro musica Rock e ci mettiamo pure a ballare ripresi dalla Tv americana. Poi ci dirigiamo all’hotel e da quel momento per tre giorni facciamo i turisti. Giriamo in lungo e in largo la parte centrale di Chicago visitando tutte le attrattive segnalate dalla guida acquistata per l’occasione. Tra queste segnalo di interessante Il museo delle scienze e dell’industria, il Navy Pier, il Magnificent Mile, il Lincoln Park Zoo che si visita gratuitamente, il John Hancock Center, la Union Station giusto per fotografarsi nella scalinata dove sempre nel set Gli Intoccabili, cadeva il passeggino durante la sparatoria, e una serie di centri commerciali, autentici luoghi di richiamo turistico dove è facile perdersi per la loro  grandezza.

La sera la dedichiamo a frequentare dei locali notturni. Assistiamo all’interno del Kingston Mines a due concerti di musica Blues di due artisti a me sconosciuti, anche datati, ma che con il loro gruppo suonano divinamente. Veniamo praticamente catapultati indietro di 40 anni, la loro esibizione propone solo brani degli anni 70. Peculiarità del luogo, devi consumare in continuazione, non fai in tempo a bere una birra che i camerieri sono da te a prendere un nuovo ordine, un litro e mezzo il consumo della serata e uno stratosferico panino con carne bollita nel brodo digerito dopo 2 giorni. Con Gegia si rientra dopo la mezzanotte mezzo cotti. Ma sicuramente quello che ha impreziosito questa breve trasferta, di per se già straordinaria, è stata la nostra ultima serata. Nella via principale di Chicago passiamo sotto il Chicago Theatre tutto illuminato a giorno.chicago marathon 4

Guardiamo la locandina esposta esternamente e scopriamo che la sera è previsto il concerto di Jackson Browne. Incuriositi entriamo per vedere se ci sono biglietti, certi che  il concerto sia ormai Sold Out, invece la fortuna vuole che qualche posto sia ancora disponibile e alla modica cifra di 64$ assistiamo alle 3 ore di esibizione dell’artista. All’interno dell’affascinante teatro, insonorizzato in maniera perfetta, pochi i brani proposti da me conosciuti, tante invece le ballate eseguite con la sua solita eleganza e la splendida voce che a 66 anni non mostra cedimenti. Usciamo alle 22.30 visibilmente appagati, sono gli ultimi scampoli di un viaggio che mi ha emotivamente travolto appassionatamente. Chicago un giorno ritornerò.

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