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Commenti sulle Gare
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1500_uomini_nuoro2010El Guerrouj ha tremato. Ha tremato quel record del mondo, oramai datato Roma 13 luglio 1998 di 3’26’’00 netti, sui 1500 metri. Tempo irraggiungibile per i campioni del mezzofondo di oggi che da qualche anno a fatica riescono a scendere sotto i 3’30’’, e sono oggettivamente pochi quelli che possono farlo. Ma mercoledì 23 giugno quel record ha davvero vacillato. Un trio di Nuoro è quasi riuscito nell’impresa. E osservandoli alla partenza circondati da atleti di 25 anni più giovani di loro ci avevano fatto anche un po’ di tenerezza. Accerchiati da gambe veloci con piedi accessoriati di scarpette ultra tecniche il trio non si è fatto intimorire. Le loro A3, meravigliose per una maratona, erano cromate e luccicanti al punto giusto. Il viso cattivo, come quello degli azzurri contro la Slovacchia, denotava una concentrazione esasperata. Quel 3’26’’00 doveva venire giù. Forse.

Allo sparo dello starter però si è verificata una situazione insolita. Il gruppo dei brufolati faceva quadrato e rettangolo insieme e creava una sorta di diga che impediva al trio di avanzare velocemente ed elegante come uno sposo alle sue nozze. I tre si sono guardati negli occhi ed hanno deciso di rimandare il tentativo ad altra data. Non c’erano le condizioni giuste per provarci. Peccato, si peccato perché quella grinta, quella decisione che si leggeva nei loro occhi faceva presagire aromi da record del mondo…..aromi solo rinviati però, ne siamo convinti. Ma nessuno potrà rimproverargli di non averci almeno pensato. Di non aver solo per un attimo accarezzato l’idea di vedere il proprio nome sul display digitale con affianco 3’25’59’’. Nessuno potrà farlo. Restano comunque degli eroi.partenza_donne_1500_nuoro2010

Nuoro V prova del Superpremio. Se la quarta aveva destato preoccupazioni solenni, la quinta ha mostrato palesemente la crisi di questo mondo. Se escludiamo le due prove sulla velocità pura, 100 e 200 metri, le altre discipline faticano non solo nei risultati, perché quelli non giungono nemmeno nella velocità o comunque stagnano da qualche anno, ma soprattutto nei numeri. Scarni, smunti come il viso di un uomo che si è perso da dieci giorni nel deserto, emaciati come barboni sotto i ponti, tristi nella loro ineffabile verità. Alla fine la gara più divertente è stata quel 1500 metri maschile dove 10 tra allievi, junior, promesse e senior hanno battagliato per dare onore, dignità e un po’ di decoro a questa distanza che io amo in modo particolare, insieme agli 800 metri, guardare e studiare nelle grandi rassegne di atletica mondiale. Amore figlio dei grandi duelli degli anni 80 tra Sebastian Coe, Steve Ovett e Steve Cram che tanto infervorarono i nostri cuori. Per poi attraversare gli anni 90 con i mitici Acuita, Kipteker e Morceli. Si, grandissimi atleti e grandissimi nomi. Oggi si fa fatica a ricordarne qualcuno dei nuovi tanti sono e tanto in fretta svaniscono. I tre master intrusi, tra i quali mi ci sono infilato anch’io attratto dall’idea di provare per una volta l’anno l’ebbrezza dei 3 giri e 300 metri, si sono invece solo divertiti e messi in gioco derisi amichevolmente dai loro amici ai bordi della pista. Inevitabilmente la maratona ti dà tanto nelle corse su strada, soprattutto sopra i 10 km, ma ti toglie quasi tutto nel mezzofondo veloce. Nel quale si è impreparati, ci si butta in un mondo che le gambe scoprono essere sconosciuto. Non facciamo conoscere loro le sedute lattacide assolutamente imprescindibili per queste distanze. A quasi 45 anni però chiedere a noi di farlo fa sorridere. Ma mettersi in gioco ogni tanto non è solo divertente ma anche ritemprante. Se poi riesci anche a scendere sotto i 5’, di pochissimo ben inteso, e lo fai facendo tremare il grande algerino El Guerrouj, allora puoi archiviare la serata come “ottimo allenamento” in prospettiva della preparazione alla maratona appena avviata.

Quello che vedo io, ma forse mi sbaglio, nel mondo di oggi è un approccio minimalista all’allenamento. I giovani, quelli di talento, dovrebbero forse essere indirizzati di più ad aumentare i carichi di lavoro mostrando loro come solo il sacrificio, dato dalla durezza degli allenamenti e anche dalla numerosità degli stessi, possa portare risultati confortanti oppure è meglio preservarli con sedute più leggere e non troppo assidue che comunque darebbero risultati identici?. E’ una domanda che sovente mi pongo. Leggendo qua e là tra forum dedicati mi sembra di comprendere che il divario tra ieri e oggi sia incommensurabile. Io onestamente non so quanti giovani facciano le doppie sedute giornaliere di allenamento, non so quali carichi di lavoro vengono svolti, ma a giudicare dai tempi sembra che il risparmio delle energie sia la parola d’ordine e che forse oggi prevale la seconda tesi. Se all’età di 18/20 anni non mostri però potenzialità per raggiungere ottimi tempi, e questo lo deve capire anche il giovane rapportando i suoi di tempi con quelli passati dei pari categoria che hanno costruito la storia dell’atletica in Italia, in un futuro non troppo distante inevitabilmente ti fermerai lì quasi sicuramente attratto da altri hobby meno faticosi e più piacevoli per lo spirito. I tempi e i record giungono solo perché hai talento in primis e dal lavoro costante in cui devi davvero credere se vuoi immolarti al sacrificio. E per crederci devi amare ciò che fai e nell’atletica amare significa non segnare un gol di rovesciata ma consumare la pista con i chiodini….e questo richiede tanto sacrificio e fatica. Qualche rinuncia e quasi un atto di devozione verso uno sport che ti porta alla ribalta una volta o due ogni 4 anni. Forse è chiedere troppo ai giovani di oggi.

Comunque nonostante tutto ci siamo divertiti. La pista non è il nostro pane, e si vede, ma correrci è davvero un piacere irrinunciabile. Questa volta caro Hicham te la sei scampata.

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