Mangiamo quello che siamo. La tradizione millenaria dice che siamo il risultato di ciò che mangiamo.
Anche Feuerbach diceva che "l'uomo è cio' che mangia". Il concetto e' ovviamente molto complesso. Ludwig Feurebach non arrivo' mai al materialismo, ma chissà che opinione si sarebbe fatto di noi, vedendoci mangiare dopo la gara di Capo Comino? La notizia del 2007 e' che non siamo quel che mangiamo, "ma mangiamo quello che siamo".Il Kings College di Londra ha effettuato uno studio su 3000 coppie di gemelli identici di sesso femminile che hanno compilato un questionario relativo alle loro preferenze alimentari:
il risultato e’ stato che un debole per l’alcool e la passione per il caffe’ o per la cucina tradizionale inglese sono ereditari.Se sino ad oggi si pensava che le nostre preferenze alimentari dipendessero dalla cultura e dalle abitudini della nostra infanzia, adesso questo studio pubblicato su “Twin research and human genetics” afferma che i geni pesano sulle scelte alimentari in modo determinante. Pare che i cibi consumati nell’infanzia o alla mensa scolastica non influiscano per più del 5 per cento.I nostri gusti alimentari sono determinati dal contenuto della doppia elica del DNA. Nel corso dei millenni l’evoluzione ha continuato a trascrivere informazioni preziose per la conservazione della vita.Immaginatevi i bambini che qualche milione di anni fa seguivano i loro genitori nelle migrazioni alla ricerca del cibo. I vegetali che crescevano in natura erano per la maggior parte o tossici o velenosi. Verosimilmente si sono adattati, e si sono riprodotte, quelle persone che hanno sviluppato una avversione per il sapore amarognolo.Insomma, se non riusciamo a fare mangiare la verdura e la frutta ai nostri bambini non dobbiamo avere sensi di colpa: e’ colpa dei geni (e noi, con l’eccezione di SuperGigik, non siamo geni).